Andromaca e le altre: la loro guerra di Troia
L’invocazione alla musa dell’epica, Calliope, è ciò che spinge Omero a narrare le vicende degli uomini per altri uomini: è questa la ragione per cui, spesso, le figure femminili vengono relegate a fare da contorno, o peggio a essere ritenute la causa di tutti i mali. E se Calliope improvvisamente si ribellasse a tutto ciò? Se costringesse l’autore a parlare anche di loro, in prima persona?
Natalie Haynes nella postfazione del suo libro: “Il canto di Calliope” racconta che l’ispirazione nasce proprio dalle Troiane di Euripide, senza tralasciare le Heroides ovidiane.
Sia Euripide sia Ovidio vivono in contesti profondamente diversi: Euripide, tragediografo greco, del IV secolo a. C. trascorre la sua esistenza in un momento di trasformazione della polis, dove l’individuo cerca di avere la meglio sulla collettività. Ovidio invece è il trasgressivo poeta latino del primo secolo a. C. che, a suon di esametri, cerca di sovvertire il sistema augusteo. Nonostante la distanza temporale, hanno più di una cosa in comune: dare voce agli ultimi, ovvero gli schiavi ma anche alle donne che, nel contesto politico e sociale, non avevano alcun ruolo, se non quello di garantire la prosecuzione della specie.
Nessuno prima di Euripide si era mai preoccupato di ascoltare la voce degli emarginati, di quei personaggi di infima condizione sociale, la cui vita è l’essenza della tragedia stessa. Facile narrare le imprese epiche degli Eroi, portatori di valori civici e patriottici, Euripide rovescia il punto di vista tradizionale con personaggi che si fanno promotori di messaggi non convenzionali. Essere umani, sopravvivere è già di per sè un atto eroico: lo schiavo non è meno umano dell'eroe, anche lui si fa portatore di una storia personale. Lo sanno bene Ecuba, Polissena, Cassandra, Andromaca: donne che facevano parte della stirpe di Priamo che, dopo la caduta della città, svestono i loro panni regali per diventare concubina e schiave dei loro aggressori.
Si avrà modo di constatare che le donne in un modo o nell'altro, che siano dalla parte dei vinti o dei vincitori, risultano sempre essere vittime di qualcosa o di qualcuno.
Le donne troiane diventarono bottino di guerra ma anche le donne greche subirono una sorte non meno felice: la fedele Penelope attese per decenni Il ritorno del marito Odisseo, Clitemnestra tramò nell'ombra la sua vendetta ai danni del marito Agamennone per aver sacrificato la loro figlia Ifigenia, portandosi dietro una scia di lutti, emblema del fatto che il destino accomuna tutti: vincitori e vinti.
Nell’Iliade Andromaca ci viene presentata come la sposa di Ettore, si tratta di un personaggio quasi senza passato; è come se la sua identità sia perfettamente associata al fatto di essere moglie dell'eroe troiano. La donna devota e leale ora subisce un destino quasi paradossale: diviene concubina di Neottolemo, figlio di Achille, che così crudelmente ha tolto la vita al marito troiano. La morte dell'amato marito e l'uccisione straziante del figlio Astianatte, gettato dalle mura della città, rappresentano per Andromaca un trauma dal quale non riuscirà più a riprendersi; la morte di Astianatte determina, infatti, l’annientamento delle nozze con Ettore, perché distrugge definitivamente il frutto della loro unione e annulla il suo senso di appartenenza alla famiglia del marito.
Nel racconto di Natalie Haynes, Andromaca continua ad oscillare tra passato e presente, creando quasi una sovrapposizione tra il figlio perduto, legittimo e fortemente desiderato, con Molosso, figlio illegittimo avuto a seguito della violenza di Neottolemo.
Nonostante Molosso sia figlio della violenza, Andromaca sottolinea che egli rappresenta la sua seconda possibilità amare e di essere madre; non la abbandona però il timore di poter perdere anche questo figlio. In particolare ciò avviene con il matrimonio tra Neottolemo ed Ermione che la incolpa di averla fatta diventare sterile con filtri magici e di renderla odiosa al marito. Eppure anche in questo caso si tratta di spregevoli illazioni che le donne greche erano solite rivolgere alle donne barbare e straniere, pensiamo alle accuse che venivano rivolte a Medea. Nonostante le falsità diffuse da Ermione, Andromaca riesce sempre a confutarle in modo convincente e razionale fino a provare la sua innocenza, salvando se stessa e il figlio. Sarà inoltre la morte di Neottolemo a placare questa spirale di odio: Andromaca non versa lacrime per la morte del figlio di Achille, anzi spezza la catena che la imbrigliava a un’unione deprecabile, a una condizione servile e a una maternità non voluta.
Il racconto delle Troiane non rappresenta solo la realtà alla quale sono adesso sottoposte le vedove e le orfane della città ma rappresenta anche lo squarcio tra il mondo maschile e il mondo femminile dove il potere, la violenza e la distruzione della guerra ha la meglio sulla dignità e sull’onore delle donne.
Commenti
Posta un commento