Vita e tormenti di Isabella Morra: poetessa del XVI secolo

 

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La vita extra-ordinaria che ti voglio raccontare oggi è quella di Isabella di Morra, la cui vicenda è ciò che si potrebbe definire un “cold-case”, ovvero un delitto rimasto irrisolto per più di cinquecento anni.

La giovane poetessa lucana visse nella prima metà del Cinquecento nel castello di Favale, l'odierna Valsinni in Basilicata. Per la maggior parte del tempo, Isabella crebbe senza la presenza del padre, Giovan Michele Morra, esiliato in Francia, insieme al figlio Scipione. Pare infatti che Morra, a seguito all’invasione del Regno da parte dell’esercito francese guidato da Odet de Foix conte di Lautrec, fosse venuto meno alla fedeltà dichiarata a Carlo V.

Bastò quindi un banale pretesto per accendere il contenzioso con Ferrante Sanseverino di Salerno, suo lontano parente, sostenitore invece degli Spagnoli, per cui, una volta ristabilito il controllo spagnolo, Giovan Michele fu processato, condannato all'esilio e il feudo gli fu confiscato. Qualche anno dopo l'accaduto, nonostante Giovan Michele fosse stato prosciolto dalle accuse, decise di rimanere presso la Corte di Caterina De' Medici in Francia, piuttosto che ritornare dalla figlia e dalla sua famiglia. 

Questo gesto la dice lunga sul carattere di Giovan Michele, il quale aveva consolidato il suo ruolo di poeta filofrancese a corte e pare che godesse di una sostanziosa pensione.

Isabella però non seppe mai questa verità e per tutta la vita visse nella totale idolatria del padre: imprescindibile punto di riferimento nella sua formazione culturale. Egli infatti era un colto e raffinato conoscitore ed emulo del Petrarca, estimatore dei classici greci e latini e seppe trasmettere questa passione anche alla figlia; per questo non mancò di assegnarle un precettore che potesse assecondare la sua inclinazione per la poesia.




Per i primi quattordici-quindici anni, Isabella visse in un contesto di isolamento, relegata all'interno del proprio castello, ma non mancò di frequentare i pochi nobili dei feudi vicini, in particolare legò con Giulia Orsini, una delle più ricche ereditiere del Regno di Napoli, seconda moglie di Pietrantonio Sanseverino, e la principessa Antonia Caracciolo, moglie di Diego Sandoval de Castro, l'altro protagonista della nostra storia.

Pare che Don Diego Sandoval de Castro si recasse clandestinamente al Castello di Bollita, l'attuale Nova Siri, per incontrare sua moglie, in quanto era stato condannato in contumacia dalla Gran Corte della Vicaria di Napoli. Fu probabilmente in questa circostanza che Isabella conobbe Don Diego, nobile, ricco, bello e persino poeta che l'avrebbe quindi sostenuta e incoraggiata a lasciare il Regno di Napoli per raggiungere il padre in Francia. 

Isabella, sola e pensosa, desiderava allontanarsi dal palazzo per lasciarsi alle spalle la rozzezza che la circondava. Nel palazzo del suo casato non c'era possibilità di confronto, non c'era nessuno che potesse comprendere i suoi tormenti, la sua esigenza di evasione. Dalla finestra della sua stanza, la poetessa osservava un paesaggio aspro e tante volte, nei suoi versi, ricorre ad aggettivi degni dell'inferno dantesco; prevale un profondo senso di nostalgia, mitigato dall'eleganza del lessico petrarchesco. Il Canzoniere era l'unico compagno fedele di Isabella che, già dall'infanzia, conosceva a menadito tutti i suoi versi e che custodiva probabilmente il suo segreto.

Il movente dell'omicidio di Isabella resta dubbio, così come ignote sono le modalità dell'omicidio: fu picchiata e massacrata di botte? O fu soffocata nel sonno? Oppure ancora avvelenata o pugnalata? O infine murata viva nel castello? Ma soprattutto chi la uccise?

Ciò che sappiamo è che i colpevoli furono i suoi fratelli: Decio, Fabio, Marcantonio e Camillo, i quali dopo l'omicidio fuggirono in Francia, dove Decio prese i voti, Cesare e Fabio si sposarono, in particolare di quest'ultimo si dice che sposò una donna straordinariamente somigliante alla sorella Isabella, Marcantonio, ritenuto colpevole di occultamento di cadavere, fu incarcerato ma poi liberato, Camillo fu assolto e dichiarato erede del patrimonio. 

Si dice inoltre che i fratelli non agirono da soli ma furono supportati da Scipione Morra e dal padre che si avvalsero della loro influenza sulla regina di Francia Caterina de' Medici per coprire i figli. Tuttavia la presenza di Scipione Morra nella Corte di Francia non era particolarmente gradita; egli infatti, divenuto segretario di Caterina de' Medici, verrà avvelenato poco dopo dai cortigiani di palazzo.

Risolto l'enigma del colpevole, rimane in sospeso il movente: ufficialmente si è parlato di un delitto d'onore in quanto Isabella avrebbe avuto una tresca con Don Diego. A testimonianza di questa relazione ci sarebbe la loro corrispondenza epistolare, che però si è rivelata del tutto priva di tensione amorosa; i due si scambiavano versi poetici, confrontandosi sui loro rispettivi studi e gusti letterari; inoltre don Diego soleva firmarsi con il nome della moglie, Antonia Caracciolo che, oltre a essere stata il tramite di questo incontro, pare fosse consapevole di questa corrispondenza e che avesse suggerito lei stessa l'uso del suo nome, onde evitare che l'onta potesse ricadere sull'innocente Isabella. Aggiungiamo inoltre che le lettere venivano lette e recapitate dal curato di San Frediano, precettore di Isabella, il quale l'aveva sollecitata lui stesso a cercare un confronto con altri intellettuali per ovviare alla sua pressante solitudine.

Non ci furono speranze dunque per Isabella e il precettore che vennero entrambi uccisi; la stessa sorte toccò a Diego Sandoval che, pochi mesi dopo, cadde vittima di un’imboscata a Noja e fu ucciso.

Del resto solo dieci anni dopo il governatore spagnolo, Alonso Basurdo, fu inviato dal Vicerè Pietro di Toledo per indagare sull’omicidio di Diego Sandoval de Castro e per stanare gli assassini. Invece l'uccisione di Isabella fu fatta passare sotto silenzio e motivata come un delitto d'onore. Mentre per l'omicidio di don Diego fu infatti indetto un processo, Isabella non venne né nominata né tanto meno ci si interessò di dove fosse andato a finire il suo cadavere.

Alla luce della ricostruzione storica, tanti aspetti sono ancora da chiarire; si dice che le reali motivazioni di questo omicidio vadano ricercate nei sonetti di Isabella. Appare piuttosto strano che abbia composto solo dieci sonetti e tre canzoni, considerando l'ardore e lo zelo della sua produzione. Sorge il dubbio che parte di questi scritti siano stati distrutti; sembra che i fratelli volessero far tacere Isabella, la quale in un sonetto si consacra alla dea Giunone affinché tenga lontani da lei i volgari amori. Chi sono questi amori volgari? Si fa strada l'ipotesi di un interesse incestuoso da parte dei fratelli che doveva essere tenuto nascosto e messo a tacere. Per sempre.

Rispetto invece all'omicidio di Don Diego Sandoval, si pensa che le ragioni siano state prettamente politiche, a causa della devozione filofrancese dei Morra in opposizione a tutto ciò che don Diego rappresentava in quanto esponente dell'establishment spagnolo. I Morra d'altronde non erano nuovi a congiure e tradimenti; infatti trecento anni prima, Giacomo Morra, altresì identificato come Giacomino Pugliese, prese parte a una congiura ai danni di Federico II e di suo figlio, che si rivelò però un fallimento. Tant'è che i Morra pagarono caro questo tradimento, Giacomo si rifugiò a Roma, Goffredo, suo fratello maggiore, fu ucciso, Roggero fu graziato ma accecato e tutti i loro beni furono confiscati. Con l'arrivo degli Angioini, i Morra si riappropriarono del loro feudo ma, circa un secolo dopo, lo ripersero sempre a causa di intrighi politici che si trascineranno fino alla prima metà del XVI secolo, quando ha inizio la nostra storia.

Fu il figlio di Camillo, fratello di Isabella, nei decenni successivi a riportare a galla la produzione della poetessa, tanto che, nel 1552, otto sonetti e una canzone furono pubblicati da Ludovico Dolce. Almeno fino a quando Benedetto Croce non ha riportato alla vita la figura di questa sventurata poetessa, il cui fantasma pare ancora aleggiare nelle stanze del Castello dei Morra.

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