La tradizione favolistica italiana dalla carta alla pellicola
Un
pomeriggio di domenica invernale rappresenta il momento perfetto per
immergersi nella visione di un nuovo film. Nella carrellata di
pellicole proposte, l'occhio ha indugiato sulla sontuosa locandina de
Il racconto dei racconti.
Imbambolata
dinanzi al
costume di raso rosso ricamato e volant di crine nero che indossa
Salma Hayek, e dopo aver visto il nostro Castel del Monte sullo
sfondo, ho pensato che fosse il caso di approfondire.
Al
termine della visione, ero in uno stato di effervescente stupore e ho
cominciato ad indagare su quale fosse la fonte che avesse ispirato
una tale produzione cinematografica. In un primo momento, ho pensato
che si trattasse di una qualche favola a me sconosciuta dei fratelli
Grimm; in effetti, l'intuizione non era del tutto sbagliata perché Google mi ha rimandata ad un'antologia di fiabe... di un italiano,
però: Giambattista Basile.
Ebbene,
prima dei fratelli Grimm, prima di Perrault, prima di Andersen,
l'Italia aveva un repertorio favolistico su cui questi autori hanno
affondato le mani.
Basile
ha intrecciato i fili ruvidi della juta a quelli soffici della lana,
tessendoli con la pregiatissima seta per ottenere la sua antologia di
fiabe, che si narravano a Napoli, nota col nome di Lo
cunto de lì cuntì overo lo trattenemiento de’ peccerille. Il
titolo trae in inganno, facendoci pensare che sia un libro per
bambini, al contrario è piuttosto trasversale ed è, in realtà,
destinato ad un pubblico adulto. Soprattutto il lettore attento ed
erudito vi troverà notevoli e numerosi rinvii alla mitologia (un
esempio fra i tanti, nel racconto Il
catenaccio
vi ho riconosciuto la favola di Amore
e Psiche
di Apuleio), al repertorio della letteratura greca, latina (numerosi
sono i riferimenti colti alla produzione virgiliana), italiana (come
non citare il più famoso Decamerone boccacciano) e alla tradizione
popolare.
Le cinquanta fiabe vengono spalmate in cinque giornate e
sono racchiuse in una cornice fiabesca; tuttavia,
questa raccolta, cronologicamente, la prima in Europa, non vide la
luce prima della morte dell'autore. Il
materiale fantastico viene rielaborato in chiave barocca facendo
ricorso al “meraviglioso” e alla “metamorfosi”, immergendoli
nella realtà popolare dominata dall'incertezza e dall'assenza di
stabilità, dove ogni situazione è destinata a mutare.
I
personaggi delle fiabe del Basile sono la caricatura di un mondo
popolare e incarnano vizi e virtù della contemporaneità; il candore
mal cela la malizia che non sminuisce, come afferma Benedetto Croce,
l'incanto. Anzi, le rende vive, schiette e ricche di motti di spirito
sull'irriconoscenza, l'invidia, l'ingratitudine, l'astuzia e la
curiosità delle donne, la virtù ricompensata e la cieca fortuna
che, più spesso, sembra ricompensare i pigri e gli indolenti.
Il
ricorso alla parodia dei modelli tradizionali mette in evidenza la
grande erudizione del Basile; infatti, i personaggi delle fiabe,
solitamente stereotipati, presentano qui delle eccezioni. Un caso
celeberrimo è quello di Cenerentola di Perrault o dei Grimm, la cui
“antenata” è la Zezolla del Basile. Dimentichiamoci la fanciulla
candida e ingenua alla quale siamo abituati perché quest'ultima è,
in un certo modo, artefice del proprio destino, ma anche delle sue
sventure: assassinerà la prima matrigna, a causa delle costanti
vessazioni e sarà determinata e ostinata nel chiedere al padre, di
ritorno dalla Sardegna, alcuni doni che saranno provvidenziali per il
suo lieto fine. Eppure, passano i rassegna numerosi “tipi umani”:
il re borioso, il mercante imbroglione, l'oste scaltro, il
cortigiano, la donna di piacere, la giovinetta ingenua, la matrigna
invidiosa e tanti altri personaggi, il cui linguaggio è tinto dalle
più colorite intercalari dialettali.
La vecchia scorticata. Illustrazione di Franz von Bayros. |
Ho cercato di analizzare in modo più approfondito i tre racconti: La cerva, la pulce e la vecchia scorticata, tratti dalla prima giornata, che hanno ispirato l'adattamento cinematografico del regista Matteo Garrone.
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