Fitzgerald e il cinema: croce e delizia.
Mining
town in lotus land
Il
rapporto fra Fitzgerald e il cinema fu piuttosto travagliato; nel
1924 lo scrittore giunse in Europa, tappa fondamentale per tutti gli
intellettuali americani e in Italia, dove all'epoca si stava girando Ben
Hur: Fitzgerald ne fu estasiato.
Con l'invenzione del cinetoscopio e
del cinema muto nacque una contaminazione fra letteratura e
pellicola; moltissimi scrittori, infatti, si cimentarono nella
redazione di didascalie che accompagnavano le immagini. Con la
nascita del parlato, questa esigenza si fece ancora più premiante:
era necessario, infatti che qualcuno provvedesse alla stesura di un
copione e di una sceneggiatura. Molti scrittori videro nel cinema una
possibilità di fama imperitura, altri furono spinti dalla curiosità
e dalla speranza di trarre nuove idee ed ispirazione, altri ancora di
guadagno, volto all'estinzione dei propri debiti, come nel caso di
Fitzgerald che, in un primo tempo, raccolse molte conferme.
Ad
esempio, nel 1922 vendette i diritti di Belli e dannati e Lontano dal paradiso, dai cui furono
tratte delle pellicole piuttosto famose.
Fitzgerald affermò di voler
vendere la sua anima al diavolo,
una espressione che delinea perfettamente lo stato d'animo degli anni
ruggenti: Hollywood incarnava il sogno americano portato all' estremo
delle sue potenzialità. I coniugi Fitzgerald si adattano subito al
clima di lusso e agiatezza, sperperando molto del loro denaro e
sottovalutano i rischi e i pericoli di quella situazione momentanea.
Lo stile dello scrittore venne contaminato dagli scripts
cinematografici, ma ciò non bastò perché il risultato furono due
brutte sceneggiature e un crollo emotivo per l'autore, un senso di
frustrazione lo pervase. Egli accusò a più riprese il cinema, o
meglio il sistema generato dall'industria cinematografica di
sfruttare gli scrittori, di illuderli, di macinare la loro creatività
e di gettarli via quando non se ne aveva più bisogno.
Seguirono
numerose altre delusioni per Fitzgerald, il quale non vedrà più
rinnovato il suo contratto con la Mgm, ma continuerà a lavorare come
freelancer, tanto che, nel 1939, revisionerà alcune scene di Via
col Vento, non potendo tuttavia
fare chissà quali cambiamenti, poiché il testo della Mitchell
rappresentava per i produttori una sorta di “Bibbia”.
Il
declino di Fitzgerald era vicino. Riprese a bere, e ciò gli costò
caro. Si diffuse la voce che fosse un povero disgraziato
a pezzi, un ubriacone. Non solo
la sua carriera, ma anche la sua vita privata andava in pezzi,
all'epoca i disturbi psicologici di sua moglie Zelda non accennano a
migliorare.
The Fitzgeralds |
Gli
ultimi messaggi lasciati da Francis Scott Fitzgerald sono impregnati
di delusione e di disappunto riguardo alla sua “carriera nel
cinema”; tuttavia, ne Gli ultimi fuochi (o The Last Tycoon),
opera uscita postuma su Hollywood con profondi spunti autobiografici,
non vi è una critica, ma piuttosto Fitzgerald esercita il tentativo
di presenta una situazione con occhio critico e obiettivo,
demitizzando il sogno che Hollywood aveva rappresentato per l'autore.
L'espressione Mining town in lotus land ovvero,
centro minerario nella terra del loto rievoca inevitabilmente un
paragone omerico: il fiore del Loto è il cibo dell'oblio, con il
quale si nutrono alcuni dei compagni di Odisseo. Essi perdono il
senno, e come narcotizzati, vedono i loro sogni materializzarsi,
possono toccarli, ma nulla è reale,
ciò che resta non è l'immortalità e nemmeno la soddisfazione dei
propri desideri, ma la corruzione, l'adorazione del dio Dollaro e la
loro infinita vanità.
Robert De Niro e Ingrid Boulting in The Last Tycoon |
Gli
ultimi fuochi
divenne un film, diretto da Elia Kazan, e interpretato da Robert De
Niro nella parte del protagonista, pellicola che allora passò in
sordina.
Dunque, un ampio potenziale non sfruttato quello del Fitzgerald cinematografico, lo confermano le tredici nomination all'Oscar de Il curioso caso di Benjamin Button che vede protagonisti Brad Pitt e Cate Blanchett con una menzione d'onore a Tilda Swinton (che fra le sue interpretazioni vanta anche quella di Orlando, film tratto dall'omonimo romanzo di Virginia Wolf).
Fitzgerald, infatti,
smascherò la bugia di Hollywood e fu nella consapevolezza di essere
stato un burattino nelle mani dei produttori e dei grandi studios che
Fitzgerald muore, nell'oblio, a 44 anni, esattamente come era
avvenuto al più celebre fra i personaggi nati dalla sua penna: il
Grande Gatsby.
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