Kitchen: Banana Yoshimoto, la cucina e aspetti di vita familiare.
Non c'è posto al mondo che io ami più della cucina. Non importa dove si trova, com'è fatta; purché sia una cucina, un posto dove si fa da mangiare, io sto bene. Se possibile le preferisco funzionali e vissute. Magari con tantissimi strofinacci asciutti e puliti e le piastrelle bianche che scintillano.
Anche le cucine incredibilmente sporche mi piacciono da morire.Mi piacciono con il pavimento disseminato di pezzettini di verdura, così sporche che la suola delle pantofole diventa subito nera, e grandi, di una grandezza esagerata. Con un frigo enorme pieno di provviste che basterebbero tranquillamente per un intero inverno, un frigo imponente, al cui grande sportello metallico potermi appoggiare. E se per caso alzo gli occhi dal fornello schizzato di grasso o dai coltelli un po' arrugginiti, fuori le stelle che splendono tristi.
Siamo rimaste solo io e la cucina. Mi sembra un po' meglio che pensare che sono rimasta sola.
Il
tema del cibo fa da cornice al romanzo Kitchen che,
qualche decennio fa, ha fatto esplodere il fenomeno Banana
Yoshimoto.
Il libro, edito da Feltrinelli, contiene anche il primo racconto
pubblicato dalla scrittrice giapponese: Moonlight
Shadow,
in cui si affacciano le tematiche più ricorrenti della sua prosa: la
morte, la solitudine e l'amore che apparentemente poco
hanno a che fare con la cucina.
La connessione
cibo-affetto è stretta, strettissima. La cucina è proprio
quel posto dove tornare dopo una lunga giornata di lavoro. Nelle case
antiche, esisteva un'unica stanza, quella col fuoco e una grande
tavola, dove la famiglia si riuniva per un pasto caldo.
Mangiare,
infatti, non è solo una necessità, ma è anche un' esperienza dei
sensi piacevole e mistica (talvolta anche letale: avete presente le
cozze ripiene della nonna che vi fanno finire boccheggianti sul
divano!? Io ne so qualcosa) e rappresenta un momento di
raccoglimento.
Condividere con qualcuno il proprio pasto significa
entrare, in punta di piedi, nella sua intimità; allo stesso
modo, cucinare per gli altri rappresenta un atto generoso
d'amore, di devozione e di unione. I segreti delle ricette di
famiglia che si tramandano, di generazione in generazione, riportano
a galla i sapori e gli umori di una volta, quelli antichi e genuini,
a volte grossolani, di quando la cucina non era un trend in parabola
ascendente, ma era verace e robusta.
Dunque, il romanzo Kitchen si
apre con la protagonista Mikage che, rimasta completamente sola dopo
la morte della nonna, viene invitata da Yuichi Tanabe e da sua madre
Eriko a vivere da loro, fino a quando lei ne avrà voglia.
Piano
piano, fra Mikage e Yuichi cresce un sentimento di condivisione e di
affetto, che si rafforza dopo la morte di Eriko, la cui presenza è
funzionale, sia ad introdurre il tema della transessualità,
spiegato con candore e semplicità, sia alla costituzione di un
ambiente familiare del tutto nuovo. Infatti, nei libri della
Yoshimoto, la famiglia è un nucleo frammentato e silenzioso,
composto da pochissimi membri, spesso proprio dal singolo che
cerca di ricreare, e perché no anche di inventarsi ciò che è
venuto a mancare.
Non c'è una spiegazione razionale al
cambiamento di sesso di Eriko, non è la logica ad animare l'azione,
ma piuttosto l'istinto e il sentimento, forze che animano la dinamica
dello shojo manga, da
cui la scrittrice trae ispirazione per la sua narrazione. Infatti,
lo stile essenziale e asciutto, a volte quasi telegrafico, deriva
proprio dall'influenza che il manga esercita
sulla cultura giapponese degli ultimi decenni, evolutosi in un genere
narrativo del tutto nuovo.
Il ricorso al dramma viene
spesso utilizzato in combinazione con il genere
fantascientifico, importante chiave di lettura che mira a stemperare
il patetismo. L'aspetto magico aleggia in tutte le opere
dell'autrice; si tratta di una forza irrazionale che anima il
racconto e permette ai suoi personaggi di rinascere. La presenza
della dimensione onirica non mette in crisi la verosimiglianza
del racconto, ma si arricchisce di spunti e di nuovi punti di vista.
Il sogno non serve ad allontanare la protagonista dalla realtà, ma
la sua intuizione la spinge a trovare una soluzione e una
nuova strada da intraprendere.
Non solo Kitchen,
ma anche i due racconti della stessa scrittrice
nipponica: Hard-boiled e Hard
Luck attingono
a piene mani da un repertorio mistico fatto di presagi, sogni e
apparizioni.
La prima volta che ho letto Kitchen ammetto
di non esserne rimasta colpita. Di recente, però, ho deciso di
dargli una seconda chance, e mi sono resa conto che ero stata un po'
frettolosa nel giudicarlo: il romanzo, vibrante e profondo,
necessita di una o più letture, proprio perché è stratificato su
più livelli narrativi e tematici, ed è difficile coglierne subito
tutte le sfumature.
La connessione cibo-affetto è stretta, strettissima. La cucina è proprio quel posto dove tornare dopo una lunga giornata di lavoro. Nelle case antiche, esisteva un'unica stanza, quella col fuoco e una grande tavola, dove la famiglia si riuniva per un pasto caldo.
Mangiare, infatti, non è solo una necessità, ma è anche un' esperienza dei sensi piacevole e mistica (talvolta anche letale: avete presente le cozze ripiene della nonna che vi fanno finire boccheggianti sul divano!? Io ne so qualcosa) e rappresenta un momento di raccoglimento.
Dunque, il romanzo Kitchen si apre con la protagonista Mikage che, rimasta completamente sola dopo la morte della nonna, viene invitata da Yuichi Tanabe e da sua madre Eriko a vivere da loro, fino a quando lei ne avrà voglia.
Piano piano, fra Mikage e Yuichi cresce un sentimento di condivisione e di affetto, che si rafforza dopo la morte di Eriko, la cui presenza è funzionale, sia ad introdurre il tema della transessualità, spiegato con candore e semplicità, sia alla costituzione di un ambiente familiare del tutto nuovo. Infatti, nei libri della Yoshimoto, la famiglia è un nucleo frammentato e silenzioso, composto da pochissimi membri, spesso proprio dal singolo che cerca di ricreare, e perché no anche di inventarsi ciò che è venuto a mancare.
Non c'è una spiegazione razionale al cambiamento di sesso di Eriko, non è la logica ad animare l'azione, ma piuttosto l'istinto e il sentimento, forze che animano la dinamica dello shojo manga, da cui la scrittrice trae ispirazione per la sua narrazione. Infatti, lo stile essenziale e asciutto, a volte quasi telegrafico, deriva proprio dall'influenza che il manga esercita sulla cultura giapponese degli ultimi decenni, evolutosi in un genere narrativo del tutto nuovo.
Il ricorso al dramma viene spesso utilizzato in combinazione con il genere fantascientifico, importante chiave di lettura che mira a stemperare il patetismo. L'aspetto magico aleggia in tutte le opere dell'autrice; si tratta di una forza irrazionale che anima il racconto e permette ai suoi personaggi di rinascere. La presenza della dimensione onirica non mette in crisi la verosimiglianza del racconto, ma si arricchisce di spunti e di nuovi punti di vista. Il sogno non serve ad allontanare la protagonista dalla realtà, ma la sua intuizione la spinge a trovare una soluzione e una nuova strada da intraprendere.
La prima volta che ho letto Kitchen ammetto di non esserne rimasta colpita. Di recente, però, ho deciso di dargli una seconda chance, e mi sono resa conto che ero stata un po' frettolosa nel giudicarlo: il romanzo, vibrante e profondo, necessita di una o più letture, proprio perché è stratificato su più livelli narrativi e tematici, ed è difficile coglierne subito tutte le sfumature.
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