La Pizia di Dürrenmatt: come riscrivere e sconvolgere il mito di Edipo.


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Dürrenmatt non è nuovo alla "profanazione" del mito classico, ma ha dei precedenti: ne Il Minotauro, infatti, ci presenta una prospettiva contraria rispetto a quella tradizionale, dove questa creatura ibrida, metà uomo e metà toro, diviene vittima della scaltrezza di Teseo. L'autore svizzero in un'intervista riflette sui modelli classici; egli, infatti, come un novello Aristofane pungola i suoi personaggi, li canzona al punto da rivelarne la vuotezza.

La Pizia mette da subito in luce i suoi intenti: in apparenza, la distruzione del mito, ma in realtà, la polemica rivolta a quanti  fanno ricorso a presagi e profezie per dominare il futuro, piuttosto che rendersi consapevoli e artefici della propria quotidianità. L'Enigma domina in questo breve e densissimo romanzo. Aleggia e si prende gioco dei personaggi, che nel caos generato dall'incertezza, cercano affannosamente una risposta per il proprio futuro. Ma... la verità esiste solo se la lasciamo in pace. Il mistero di vivere, giorno per giorno, senza sapere ciò che realmente ci aspetta, è alla base dell'esistenza umana. Dürrenmatt si burla della superstizione e degli uomini (antichi, ma soprattutto moderni), tanto sciocchi da affidarsi alle predizioni perché incapaci di godere a pieno del presente, in quanto desiderano conoscere ciò che a loro non compete.

Lo scrittore svizzero ripropone la tragedia sofoclea Edipo Re in una chiave del tutto inedita: il protagonista che, nel mito, ignaro, uccide il padre e sposa la madre, nel racconto di Dürrenmatt appare consapevole e sprezzante. Anche il comportamento di Giocasta sconvolge: se nella tragedia sofoclea appariva pura d'animo e soffocata dal senso di colpa fino ad impiccarsi, qui si dimostra lasciva e priva di scrupoli e/o rimorsi di coscienza.
Tutto ruota attorno a questo universo svuotato di sacralità, in cui emerge la visione razionalistica del mondo di Tiresia che da subdolo e meticoloso calcolatore propina sentenze a suo vantaggio e "vende indulgenze" a caro prezzo, al contrario della Pizia Pannychis che, invece, stufa degli uomini, profetizza a casaccio, a seconda dell'umore del momento. E, nonostante tutto, la donna vede avverarsi l' assurda profezia fatta ad Edipo.
L'umanità, se così si può chiamare, priva di pensiero critico e di sentimento, non ha ragion d'essere senza moralità né scopi. Ossessionati dalla conoscenza della verità, gli uomini vengono più spesso ingannati e, anche il lettore stesso viene più volte raggirato.

Quando pensa che la verità gli verrà finalmente rivelata, ecco che invece spunta una nuova versione con un testimone inedito:
Davvero Edipo era figlio di Laio? O forse Giocasta ha ragione rivelando che suo figlio nacque invece da una relazione con un oscuro ufficiale della guardia, anch'egli ucciso da Edipo.  E ancora, se quest'ultimo non fosse stato generato dalla regina di Tebe, ma dalla Sfinge? Sì, proprio da quella stessa Sfinge che aveva ucciso, risolvendo l'enigma.
Ampi scenari si parano dinanzi al lettore, ormai del tutto disorientato. Infatti, quel racconto che possedeva, all'inizio, una trama così lineare ed essenziale, si ingarbuglia alla fine, quando verità e menzogna si mescolano a tal punto da sfuocare i loro contorni, rendendoli indistinguibili.

Di una cosa possiamo essere certi:
Il conflitto fra noi due, Pannychis, il conflitto fra il veggente e la Pizia, divamperà su tutti i fronti: il nostro è un conflitto emotivo, non sufficientemente meditato, eppure laggiù già costruiscono un teatro e già ad Atene un poeta sconosciuto sta  scrivendo una tragedia su Edipo. Ma Atene è provincia, e Sofocle sarà dimenticato, Edipo invece continuerà a vivere, resterà un tema che pone a noi enigmatici quesiti.


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