L'amore e l'immortalità ai tempi di Odisseo: Circe in Omero e nei Dialoghi con Leucò.



L’uomo mortale, Leucò, non ha che questo d’immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia. Nomi e parole sono questo.

(Le Streghe, Dialoghi con Leucò).




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Ai tempi di Odisseo, il pericolo più grande in cui ci si poteva imbattere nel Mar Mediterraneo era quello delle seduttrici: Calipso, le Sirene e Circe sono le tappe più interessanti e controverse dell'Odissea. Ciò che contraddistingue queste figure femminili è la capacità di incantare, sedurre ed attrarre gli uomini: armi che le donne oneste, le mogli, non conoscono. Esseri pericolosi, queste seduttrici, soprattutto se, come Circe, si godeva di un "lignaggio" di tutto rispetto: figlia di Helios e della ninfa Perse, la maga era cugina di Medea. Dunque, tutte le carte in regola per essere una donna da cui guardarsi.

Tuttavia, è possibile che si tratti di un giudizio un po' troppo affrettato, complice di una comune ed erronea interpretazione che si è mantenuta tale nel corso dei secoli.
Circe è sempre stata vista come figura negativa, una sorta di strega malvagia che, senza un motivo, trasforma gli uomini in maiali. In realtà, non è molto diversa da tante divinità arcaiche che presentano una faccia benigna e una terribile. Lo stesso Zeus, padre degli dèi, dimostra in più occasioni la sua magnanimità, ma anche la sua ira, vendicandosi con il malcapitato di turno, talvolta, per il puerile desiderio di "vendetta".

Il fatto che la permanenza di Odisseo da Circe non sia poi così male, lo rivela lo stesso Omero nel X libro. Dopo essere sfuggito all'incantesimo della maga, Odisseo viene accolto nel suo palazzo, dove viene spezzato l'incantesimo e l'equipaggio ritrova sembianze umane. 
Inoltre, se ci pensiamo bene, sono solo due anni che impegnano effettivamente Odisseo nelle sue peregrinazioni per mare. Bisogna tener conto, infatti, che egli trascorre sette anni nell'isola di Ogigia, e un anno in compagnia della maga, dove conduce una vita di piaceri e di mollezza. Tanto che, ad un certo punto, saranno proprio i suoi compagni a dovergli ricordare la sua missione.

Come accennavo, la permanenza dell'eroe presso l'isola di Eea da Circe è molto diversa rispetto a quella avvenuta ad Ogigia da Calipso, dove Odisseo, il più delle volte, piange ripensando alla sua petrosa Itaca.
Le due donne sono accumunate da diversi elementi, quali il canto e l’atmosfera onirica delle loro dimore, eppure sono interiormente agli antipodi: la maga non trattiene l'eroe contro la sua volontà, al contrario, lo congeda in modo magnanimo e favorisce il suo viaggio, dandogli saggi consigli. Con intelligenza e buon senso, Circe ascolta e comprende il desiderio di Odisseo e lo lascia andare. Un addio senza lacrime e drammi, poiché l'amore della maga non è di serie B, ma è consapevole e maturo; non come quello di Calipso, la quale per un sentimento irrazionale, egoista ed unilaterale costringeva Odisseo nel suo letto, a discapito della sua felicità.

Pavese modula i suoi Dialoghi con Leucò sugli Amores ovidiani, opera in cui l'autore latino fa parlare le donne abbandonate dagli eroi, proponendo un punto di vista inedito della storia. Pavese, come a quel tempo Ovidio, era un autore modernissimo e assolutamente originale, ma al tempo stesso legato alla tradizione dei classici. 

Le tematiche centrali della produzione di Pavese come la marginalità e l'isolamento, si riflettono nella scelta di scrivere, o meglio, di riscrivere il mito. Il sentirsi inadeguato rispetto alla realtà in cui vive, lo porta a volersi rifugiare nel passato, attraverso cui veicola le sue emozioni e gli interrogativi universali dell'uomo. 

I ventisette Dialoghi vengono scritti fra il 1945-1947 e, l'opera ha come Musa ispiratrice Bianca Garufi, da cui la scelta di porre nel titolo l'aggettivo leucokos, che in greco antico, significa proprio "bianco". Ed è inoltre il diminuitivo per Leucotea, la dea trasformatasi in schiuma (titolo di uno dei Dialoghi), dopo essersi gettata in mare, che guida Odisseo durante la navigazione e noi, durante la lettura.

Gli dei invidiano i mortali perché per loro ogni minuto può essere l'ultimo e, vivono con pienezza tutto ciò che accade. Ogni giorno è un'avventura, una scoperta, una nuova speranza.
A nulla vale la preghiera di Calipso che donerebbe ad Odisseo l'immortalità pur di tenerlo con sé, poiché l'eroe sa che Ogigia è un'isola di solitudine, dominata dal torpore dell'immortalità.

Anche Circe è una dea immortale nei Dialoghi di Pavese, sa tutto e nulla può sorprenderla, a parte Odisseo, la cui umanità si esprime attraverso la parola e il ricordo. E la maga non può fare altro che sorridere, sorniona, al tentativo dell'eroe di renderla mortale. Anche solo per un istante.

Non seppe mai cos'è il sorriso degli dèi- di noi che sappiamo il destino...Capiva ogni cosa. Tranne il sorriso di noi dèi.

 

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