L'esito di un gioco di sconfinamenti: "la manomissione delle parole" di Gianrico Carofiglio
La
manomissione delle parole è un
saggio o come preferisce definirlo Gianrico Carofiglio è l'esito
di un gioco di sconfinamenti, edito
da Rizzoli, nel 2010. Si tratta di una lettura estremamente
scorrevole che stimola la riflessione in merito al ruolo delle
parole: quali usare, quante e quando per dominare la realtà che ci
circonda in quanto le parole realizzano le cose. Filone di Alessandria
nel De Plantatione afferma
che quando l'artefice del cosmo chiese ai profeti che cosa mancasse
per il completamento della propria opera, uno di essi rispose che
l'unica mancanza era quella di non riuscire a descrivere ciò che
vedevano. Per questo il demiurgo portò alla luce Mneme
che con il Logos
avrebbe concesso all'uomo di ricordare e celebrare le cose attraverso
le parole. La
parola scritta e/o orale rappresenta di per sé la “manipolazione”
di un determinato contenuto sul piano spaziale e temporale (pensiamo
a un messaggio su una chat sul quale possiamo soffermarci più volte
oppure confrontarlo con altri simultaneamente) perciò l'uso erroneo
o volutamente improprio di un termine può causare una manomissione
della realtà alterandola fino a renderla talvolta irriconoscibile.
Quanto più il linguaggio si impoverisce, diviene ripetitivo e
ridondante: il cosiddetto “parlare per slogan” della politica (e non solo),
tanto più le parole divengono “tossiche”, si impadroniscono di
noi che ne facciamo un uso inconsapevole e passivo. In particolare,
l'autore si sofferma sul valore delle parole: libertà, vergogna,
giustizia, ribellione, bellezza e scelta
concatenandole in un discorso affascinante e coerente, volto alla
riscoperta della valenza semantica dei termini suddetti nel lessico
civile. A questa sequenza si potrebbero, a mio parere, aggiungere i termini memoria e verità. Per i Greci la mneme era una strumento civile per migliorare e non commettere
gli errori del passato: è una memoria che invade il futuro e che ha come finalità quella di tutelare l'aletheia come "non dimenticanza".
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