Siamo nani sulle spalle dei giganti: Gli Archeologi di De Chirico




Era da quando ho aperto il blog che cercavo la giusta ispirazione per inaugurare questa rubrica: l'illuminazione è sopraggiunta questa estate, mentre guardavo un dipinto di Giorgio De Chirico (esposto fino al 1 Novembre 2016 presso il Castello di Conversano assieme a sculture, litografie ed altri quadri del pittore).

L'opera in questione è Gli Archeologi (vi sono più versioni dello stesso dipinto): un uomo e una donna, manichini (ispirazione nata da un personaggio di un dramma del fratello Alberto Savinio e, fortemente influenzata dal concetto di uomo automa senza volto, tipico di quel periodo) dalle forme sproporzionate e senza volto, che però espongono la loro interiorità. Infatti, il compito dell'archeologo è quello di serbare il passato, di proteggerlo e di farsene portavoce.








De Chirico nacque in Grecia e, nonostante il suo trasferimento in Italia, le sue radici rimasero ancorate profondamente alla terra ellenica. Il fascino per la letteratura, il mito e la cultura greca si proietta in tutta la sua produzione, non solo da un punto di vista architettonico (quello delle colonne bianche e dei colonnati è un leitmotiv della sua produzione, in cui l'oggetto in sé rappresenta la funzione che esso ricopriva nel passato, caricandolo di simbolismo), ma anche in riferimento ai personaggi: le Muse, Ettore e Andromaca, Minerva sono solo alcuni dei soggetti più famosi.



Le Muse inquietanti, 1916-1918








Ettore e Andromaca, 1917.


Le colonne, così come anche il castello,  testimoniano il ritorno alla tradizione e all'origine, e infine, al proprio io interiore. Luoghi eterni per eccellenza che si impregnano di significati enigmatici. Anche l'uomo, in questo contesto, si fa armatura o manichino, escludendo dunque la sua individualità e identità. Da qui, la definizione di pittura surreale  (nome scelto da Apollinaire) che deve molto a De Chirico; il quale, dal punto di vista pittorico, fu uno dei più importanti esponenti, per non dire fondatore.


1951


Ritorno al Castello, 1969.



Dunque, l'antichità è magistra vitae, è la casa alla quale tornare, sempre. Gli antichi ci guardano e noi non possiamo che aspirare al loro esempio. Di qui, il senso di questa nuova rubrica: riproporre i testi dei classici greci e latini, per lo più bistrattati e maltrattati, e di quegli autori che oggi se ne fanno portavoce.

Siamo nani sulle spalle dei giganti  diceva il filosofo Montaigne; questa frase ripetuta da diversi autori (prima e dopo) e in salse diverse, espone in modo chiaro il nostro ruolo: oggi, possiamo guadare lontano perché qualcuno, prima di noi, ha rischiato, sperimentato, vissuto. E questo è degno di essere ricordato.


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